Come faticare meno. Breve fenomenologia della cultura digitale

Fin dal giorno in cui gli ominidi capirono che i tronchi rotolando potevano essere impiegati per trasportare oggetti o persone, lo sviluppo tecnologico si è perpetrato allo scopo nobile e socialmente perseguibile di faticare meno.

È semplice: Tutte le invenzioni che hanno trovato terreno fertile e si sono affermate come canoni, hanno avuto successo perché riducevano i tempi e il lavoro necessario per produrre qualcosa. Poi è arrivato internet.

All’improvviso ci siamo trovati immersi in un cambiamento che per portata culturale era assimilabile solo all’introduzione della prospettiva in pittura. La possibilità di toccare gli oggetti a distanza con un click del mouse ha generato una nuova prospettiva tattile, non più basata sul punto di fuga ma sul point of being, il punto di essere. La tecnologia internet permette di faticare meno perché proietta istantaneamente la nostra percezione in ogni dove e in ogni ambito, qualcuno direbbe in tutti i luoghi, in tutti i laghi…

E qua scatta il problema. Il personal computer nasce da un punto di vista commerciale con la finalità di semplificare le operazioni di calcolo degli uomini d’affari o di chi fa di conto per mestiere, ricordi le pubblicità dell’Apple II? Serve a faticare meno, perfetto, lo compro.

Il world wide web, presentatoci come la tecnologia che abbatte le distanze culturali e geografiche, in realtà non serve affatto a faticare meno, anzi, fornendoci possibilità di transazione infinite, internet amplifica i nostri processi creativi e stimola la collaborazione tra utenti. Bellissimo, con l’intelligenza connettiva abbiamo definitivamente smesso di dormire!

Ma se il veleno è nella dose, allora forse esiste e non è meno reale del nostro esperito digitale, la possibilità di focalizzarci solo su quello che ci interessa davvero, su quell’unico ambito che amiamo e che oggi possiamo sviluppare come in passato non era concepibile fare, grazie al web e alle tecnologie connettive.
È la differenza che c’è tra una lampadina e un laser. La prima disperde la sua luce in tutte le direzioni, non a caso illumina gli ambienti, il secondo concentra tutta la energia in un punto: non puoi utilizzarlo per fare luce di sera, ma ci puoi fare un intervento chirurgico.

Ecco, il web va bene, però, per utilizzarlo come tutte le tecnologie affermatesi storicamente, cioè per faticare meno, dobbiamo cambiare noi.
È stiamo cambiando!
Dobbiamo essere come un raggio laser: “con”centrati, centrati insieme.

francescomargherita

Sociologo, scrittore, musicista, co-fondatore e SEO specialist @ Gaff Strategy srl, responsabile web marketing @ s&ph Italia, co-fondatore @ Qadra sas, consulente e formatore web marketing, curatore del Blog su SEO e comunicazione web SeoGarden.net. La sua attenzione quotidiana oltre che sulle attività operative di marketing digitale è rivolta allo studio e alla sperimentazione delle tecniche di posizionamento organico nei
motori di ricerca, con particolare attenzione sui fattori sociali di influenza nelle tendenze di ricerca e sull'analisi netnografica applicata alla SEO. Tra le sue pubblicazioni: (con Andrea Pitasi) Wide horizon strategy. 50 stratagemmi vincenti per il mondo che cambia, Maggioli editore 2012.

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