Gli accordi tra corrieri e marketplace minano l’ecommerce

Non mi pare che in questo periodo ci sia una crisi sull’approvvigionamento del petrolio, eppure sembra proprio che i corrieri espresso si siano allineati per offrire servizi standard con tariffe di spedizione sempre più alte.
Un enorme passo indietro per l’ #ecommerce; per quelle aziende che hanno deciso da tempo di puntare sul commercio elettronico riuscendo a mettere in cima alla lista delle priorità le esigenze del cliente-acquirente. In cima a questa lista di priorità c’è sempre stata la volontà di non far ricadere sull’ acquirente i costi aggiuntivi di un meccanismo di mercato più articolato, che va dal contatto, alla selezione del prodotto, all’acquisto, fino al pagamento, alla spedizione e alla consegna.

asino

Una delle scelte strategiche del buon venditore online, ma anche di buon senso, nonché suggerita dai più importanti marketplace che hanno aperto la strada al commercio elettronico, è stata quella di includere nel prezzo del prodotto tutti quei costi aggiuntivi non attribuibili al prodotto stesso, ossia costi di transazioni di pagamento e spedizione.
Oggi, invece, i più importanti Marketplace sembrano aver scelto di catalogare tutti i propri clienti (aziende-merchant) in una macrocategoria di “Venditori” che include anche i venditori non professionali, offrendo servizi di spedizione a completamento dell’esperienza che sia l’acquirente che il merchant, che il venditore non professionale, effettuano sulla piattaforma, stipulando accordi con i corrieri che per forza di cose offrono approssimativi e medesimi standard qualitativi sul servizio di spedizione a condizioni tariffarie relativamente uniformate verso l’alto (vedi le tariffe di spedizione Amazon e quelle offerte dal nuovo servizio di gestione spedizione Ebay) rispetto alle condizioni che i bravi merchant riuscivano a concordare con i corrieri per le proprie singole attività.
Ebbene, i corrieri che chiudono questo tipo di accordi a queste condizioni con i vari marketplace, dando a questi ultimi la possibilità di studiare una propria proposta di vendita (saranno loro a vendere il servizio di spedizione e non più i corrieri) sono gli stessi che hanno sempre avuto e continueranno ad avere un rapporto diretto con quei venditori che i marketplace stessi riconoscevano come professionali proprio in quanto capaci di chiudere accordi vantaggiosi con i partner esterni grazie alla forza contrattuale acquisita nel tempo gestendo nel modo migliore i servizi connessi all’ecommerce non meramente propri del prodotto (ad es. appunto quello di spedizione), garantendo alti standard qualitativi a beneficio del buon nome della piattaforma su cui proponevano i propri prodotti.

Sino al giorno precedente ai grossi accordi, i corrieri vecchio stampo si scontravano l’un con l’altro usando l’arma delle tariffe più basse per accaparrarsi i clienti. I corrieri più affidabili e seri, e che avevano già capito le potenzialità del canale ecommerce usavano l’arma dei servizi migliori. I clienti-aziende con un alto potenziale, ossia quelle aziende che quotidianamente, grazie ad una buona attività di ecommerce riuscivano ad affidare un considerevole numero di spedizioni al corriere, avrebbero scelto sempre i secondi, puntando sul servizio piuttosto che sul risparmio. Strategia, questa, che col tempo è sempre risultata vincente sia per la soddisfazione dell’acquirente che vedeva recapitarsi il suo acquisto integro e nei tempi stabiliti, che per la soddisfazione del contabile dell’azienda che vedeva arrivare in fattura esclusivamente i costi delle tariffe pattuite senza ulteriori aggravi di costi di giacenza, sia anche per la soddisfazione del marketplace che vedeva arricchire le proprie pagine di feedback positivi segno di affidabilità della piattaforma.
Quando il corriere acquisiva un cliente-azienda di questo tipo lo coccolava. Si creava una partnership che puntava alla massima soddisfazione dell’acquirente come obiettivo finale, consapevoli, entrambi, che migliorando le prestazioni di ognuno sarebbero aumentate le vendite e quindi il profitto di ogni singola parte in causa. Con questa consapevolezza il cliente-azienda riusciva a dare valore economico all’ottimo servizio gestito dalla parte terza: pagava al corriere il dovuto per avere degli standard qualitativi, per mantenerli, e per migliorarli, sempre con lo scopo finale di aumentare le proprie vendite. Il corriere serio guadagnava il giusto per garantire nel tempo il servizio. Si creava una dinamica che faceva crescere l’esperienza, la coscienza, la cultura del commercio elettronico in tutte le aziende che erano chiamate in causa: il marketplace che doveva selezionare i migliori venditori per avere una buona reputazione come piattaforma di vendita-acquisto online, il merchant che per veder aumentare le proprie vendite doveva ricevere tutti feedback positivi anche sui servizi e non solo sul prodotto, il corriere che per aumentare il proprio parco clienti doveva rispettare e mantenere tempi di consegna e integrità delle merci.
Le aziende serie che accostavano un eshop diretto ai propri spazi sui vari marketplace cercavano in tutti i modi di non variare le condizioni di vendita a seconda delle pagine in cui proponevano i prodotti.

Uniformando, i corrieri, le tariffe di spedizione proposte al merchant, verso l’alto, non riconoscendo più alle aziende la propria forza d’acquisto basata sulla singola attività di ecommerce, mettono a rischio questo tipo di flusso positivo rischiando che i merchant non riescano a contenere i prezzi accessori nel costo del proprio prodotto o servizio. Di fatto, l’utente-acquirente che vorrà continuare ad acquistare online si vedrà apparire nelle pagine della transazione quei costi accessori che sino a quel momento il buon venditore era riuscito a nascondere integrandoli nel prezzo finale del prodotto. Il risultato sarà un inevitabile calo delle vendite causato da uno svantaggio nell’acquisto online rispetto all’acquisto offline. Di conseguenza si rischierà di frenare nuovamente la fase più proficua della tanto decantata digitalizzazione delle aziende i cui prodotti non saranno più appetibili acquistati a distanza. Si rischia di ritornare dal mercato glocale a quello locale.
Gli stessi corrieri non hanno considerato che questo tipo di accordi taciti provocheranno una loro sudditanza verso quelle grosse poche aziende (marketplace) che avranno una capacità contrattuale tale che li porterà a chiedere servizi sempre migliori a tariffe sempre più contenute, abbattendo quella soglia minima di profitto sotto la quale un’azienda non può sopravvivere.

Questa riflessione nasce dal fatto che purtroppo questo tipo di meccanismi potrebbero essere solo fermati da una cultura dell’ecommerce da parte di tutte le parti chiamate in causa, che purtroppo ad oggi non pare essere cresciuta in Italia, a dispetto dei dati che ci rivelano una crescita costante annuale pari a circa il 17%. Quella crescita è relativa alle transazioni chiuse a distanza calcolando tutti quegli acquisti-vendite avvenuti su siti di couponing o marketplace. Ebbene, la effettiva crescita dell’ecommerce andrebbe calcolata non sui singoli acquisti, ma sulle singole aziende che vendono direttamente i propri prodotti sui propri eshop e non in spazi gestiti dai marketplace. Solo in quel caso si può parlare di crescita di mercato: quando in un mercato aperto (il web) si propongono sempre più mercanti, e non quando si mette in condizione un singolo spazio di mercato (marketplace) di effettuare sempre più vendite a discapito dei mercanti. Non dando più alle singole aziende la possibilità di approcciare, e trovare nuovi mercati a causa di condizioni sfavorevoli su uno degli aspetti fondamentali della transazione online (le spedizioni), si sta rischiando di rompere un ingranaggio che seppur lentamente era iniziato a girare in modo fluido anche in Italia.

Luca Carbonelli

Imprenditore, esperto di Marketing ed ecommerce, con particolare preparazione nella gestione della piattaforma Amazon. Dal 2004 gestisce l'azienda di famiglia, la Torrefazione Carbonelli s.r.l. di cui è fautore della trasformazione digitale che le ha permesso di imporsi nel mercato online come punto di riferimento del made in italy nel settore food & beverage.
È consulente esterno in gestione aziendale, trasformazione digitale, marketing e comuniaczione; ecommerce, Amazon. Effettua corsi di formazione in management delle pmi, maketing, digital marketing, ecommerce, gestione della piattaforma Amazon. È autore di "Falla esplodere. Come una piccola impresa può affrontare la trasformazione digitale".

Impegnato nel sociale, è stato per 5 anni vice presidente del gruppo giovani della CNA (confederazione nazionale artigianato).

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