Pensiamo semplice, facciamo le imprese. Riprendiamoci l’Italia.

Con un  brunello e un fiano. Tra contradaioli e scugnizzi. Tra Napoli e Siena, in ventiquattr’ore. Tra sogni e fatti. Tra storie e passi, in borghi antichi. Col sorriso stampato in faccia. Con gli occhi lucenti e le luci a farci strada. Con due notti in bianco. Coi sapori in bocca. Tra carne e pesce. Tra uomini e donne. Con le domande sul futuro, i fatti del passato e le incertezze del presente.  Con l’Italia nel sangue e un’idea nella testa: L’impresa. Quant’è bella st’Italia. Quant’è sprecata.

Pensa a un’idea semplice e realizzala. Il secondo dei consigli tratti dal libro di Giampiero e Antonio, su come fare business in Italia, nonostante l’Italia. Era da questo che volevo cominciare il mio discorso prima che mi passassero il microfono. Volevo concentrarmi sulla cosa più importante per ognuno: Le proprie idee. E invece… “Ma perchè non l’avete scritto prima?”. Con la voce tremante. Teso. Come una corda di violino quando sa che gli basta solo il là per comporre la melodia più bella. Con le mie emozioni in sala. Ho ricordato la telefonata di Giampiero, con cui mi diceva che ero nella timeline del libro -La linea degli imprenditori Mad in ordine cronologico- Il primo, Archimede da Siracusa. L’ultimo, io. E credo di aver esclamato ad alta voce il mio pensiero: “E’ un pò come avere il peso della storica impresa Italia addosso, e non so se ne sarò all’altezza”. Quasi mi sentivo inopportuno. Fuori luogo. Presuntuoso. Poi, riconcentrandomi sul testo leggo il sottotitolo del consiglio, lì, tra parentesi: perché una bellissima idea non realizzata rimane soltanto un sogno. E lì ho ripensato ai sogni miei. Diversi. Trasformati. Concreti. Cambiati da un’idea. Non piu sogni, ma traguardi raggiunti e da raggiungere. Piccoli, ma veri. che danno vita ad altri sogni, notti in bianco. Con la certezza che se voglio che diventino ancora traguardi, devo renderli semplici. Come la semplicità di un calice di vino, e di un sorriso con le schiocche rosse in faccia.

Quanto mi sarebbe servito leggerlo sei, sette anni fa, questo testo. Ma non c’era all’epoca. E allora ho fatto a modo mio, come oggi dicono loro. E come consigliano a tutti. Perchè le idee sono più forti se esprimono tutta la personalità dei loro creatori. E magari fare le cose come si crede, se si crede nelle cose che si fa, ci porterà a condividere la nostra filosofia di vita, di impresa, con quella di signori quali Enrico Piaggio, Giovanni Rana, Michele Ferrero, supportato dalle dottrine filosofiche di un certo Montesquieu, tra le righe del capitolo di uno dei libri più utili al futuro, in questo  presente 2012 italiano.

La capacità di soffermarsi a valorizzare il pensiero che sorregge l’impresa. Per poter far sì che l’idea sia realizzabile, L’idea deve essere comprensibile, utile e fattibile. In una parola deve essere Semplice.

Pensa a un’idea semplice e realizzala. Perchè una bellissima idea non realizzata rimane soltanto un sogno. E i sogni non si vivono. I sogni si sognano. E per quanto possano essere belli, poi arriva qualcuno a svegliarti. E ti rimangono tante ore di riposo, un paio d’occhi assonnati, e zero fatti tra le mani. Allora prendi il sogno e scrivilo. Poi cancella cio che ti sembrerà irrealizzabile. Aggiungi i tuoi punti di forza. E provaci. Diventerà un progetto. Un punto d’arrivo e di partenza. Sarà la prima impresa di fatto della tua vita. Dare forma al sogno. Informare il sogno che esisti tu e la tua realtà e farlo adattare, per non lasciarlo svanire.

Come fare business in Italia, nonostante st’ Italia. Quest’Italia così tradizionale, la tipica Italia dai prodotti tipici, dalla terra madre, dalle arance rosse e dal tartufo bianco. Quest’Italia che se non fosse per l’ingegno di qualche suo imprenditore, rischierebbe di implodere, ingozzandosi in un magna magna generale, per la goduria dei soliti ingordi. Questa Italia dalle schiocche rosse di vino. Quest’Italia dall’aroma di caffè nell’aria. La nostra Italia che va a puttane. E le nostre puttane che se ne vanno sugli yacht della nostra Italia di merda.

Poi, poi c’è l’anima italiana. Gli amici fuori dal paese che se la vendono al diavolo per emergere. Che bell’anima anche quella. Costretta a espatriare per poter fare. L’anima coi controcoglioni. Ed è anche a quelle anime che vorrei gridare: “Tornate. Tornate perchè ci manca l’anima. Siamo stanchi di prodotti finti. Di kebab, di pita. Tornate! mangiamo insieme. Mangiamo bene. Reagiamo. Sogniamo. Progettiamo. Costruiamo. Facciamo. Perchè c’è tanto da fare. Viviamo. Facciamo gli italiani. Siamo Mad in Italy. Dove la follia sarà ora, forse, ma domani sarà folle chi parte. Chi abbandona. Produciamo in Italia il nostro futuro. Facciamo mangiare italiano i nostri figli. Facciamogli conoscere l’ Italia. Chi eravamo. E chi siamo. Facciamogli venire la voglia di chiedersi chi saranno.

Ogni volta che viaggio su e giù in auto per questa Italia, non posso fare a meno di associare ogni  paese che supero, al nome di un cliente. E sorrido. E so che ad ogni nome corrisponde un’emozione, un attimo, una soddisfazione o un problema. Me ne torno sempre coi sapori delle terre, apro la porta della torrefazione e ritrovo l’aroma di caffè. E si sposa con tutti i sapori d’Italia.

Grazie davvero a Giampiero Cito e Antonio Paolo. Per l’energia. Per la speranza e per i fatti che ci hanno messo d’avanti, con questo libro. E per il mio personale orgoglio di essere stato inserito.

 

Luca Carbonelli

Imprenditore, esperto di Marketing ed ecommerce, con particolare preparazione nella gestione della piattaforma Amazon. Dal 2004 gestisce l'azienda di famiglia, la Torrefazione Carbonelli s.r.l. di cui è fautore della trasformazione digitale che le ha permesso di imporsi nel mercato online come punto di riferimento del made in italy nel settore food & beverage.
È consulente esterno in gestione aziendale, trasformazione digitale, marketing e comuniaczione; ecommerce, Amazon. Effettua corsi di formazione in management delle pmi, maketing, digital marketing, ecommerce, gestione della piattaforma Amazon. È autore di "Falla esplodere. Come una piccola impresa può affrontare la trasformazione digitale".

Impegnato nel sociale, è stato per 5 anni vice presidente del gruppo giovani della CNA (confederazione nazionale artigianato).

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