Fondata da Gian Paolo Dallara nel 1972, la Dallara Automobili è cresciuta collezionando successi in tutto il mondo progettando e costruendo vetture per quasi tutte le formule automobilistiche, da quelle minori fino alla Formula 1.
Dallara Automobili produce vetture sempre più veloci e sicure con un elevatissimo standard di qualità e di supporto al cliente. Vi è una continua ricerca nel raggiungere i livelli di eccellenza richiesti dai clienti, nel modo più efficiente. Esempio di successo del genio italiano, Dallara Automobili è oggi un leader mondiale nella progettazione e nella costruzione di vetture da competizione.
Intervista all’Ing. Andrea Pontremoli, AD dell’azienda.
Dal 1972 ad oggi molto è cambiato nel mercato. Quali erano i punti di forza dai quali si è sviluppata la vostra azienda, cosa è cambiato e quali di quegli elementi sono ancora presenti in Dallara Automobili?
Il punto di forza era Gian Paolo Dallara con le sue esperienze, conoscenze e capacità tecniche. L’azienda è nata intorno a lui e alla sua passione per le corse.
Ha iniziato insieme ad altre quattro persone e ora le persone sono circa duecento; l’azienda si è specializzata negli anni su tre competenze chiave: la progettazione e produzione utilizzando materiali compositi in fibra di carbonio, l’aerodinamica e la dinamica del veicolo.
Il racing è sempre nel nostro DNA, ma oggi il 40% del fatturato è dato dalla consulenza in altri settori (automotive, difesa, trasporti ecc..), facendo leva sempre sulle nostre tre competenze.
L’ing. Dallara è sempre presente, straordinario per le sue competenze, ma ancora di più per le sue doti umane. Come dice lui, è il più bravo perché è quello che ha fatto il maggior numero di errori.
Perché Dallara può definirsi un’azienda Mad?
Perché niente è dato per scontato. Tutto ciò che ha contribuito al successo passato non è considerato garanzia per il futuro. Il nostro pay-off, “la ricerca dell’eccellenza”, evidenzia che non stiamo mai fermi. Il modello di business italiano è spesso legato alla capitalizzazione di una rendita di posizione. Noi invece reinvestiamo tutti gli utili in ricerca e sviluppo, usiamo continuamente le nostre esperienze, i nostri errori ed i nostri guadagni del passato per creare il nostro futuro.
Mantenere la produzione in Italia piuttosto che all’estero, quali vantaggi e quali svantaggi comporta?
Il concetto di produzione è sorpassato perché è quello di ideazione e ricerca che fa la differenza. E’ fondamentale chiedersi su quali elementi della catena del valore l’azienda può creare valore aggiunto. La presenza nel mondo è importante per costruire ponti in nuove geografie che crescono e che hanno bisogno di quello che facciamo, ma occorre mantenere nel nostro paese la produzione a valore aggiunto, mentre spostare fuori o comprare quello che è una commodities, capitalizzando sulle economie di scala degli altri.
Come si affronta oggi la sfida dei mercati internazionali?
Non ci sono mercati nazionali ed internazionali, ci sono i mercati. L’Italia è lo 0,83% del mondo ed un’azienda italiana deve pensare che il suo mercato è il mondo.
Per essere vincenti nel mondo, bisogna avere una propria specificità. La prima domanda che bisognerebbe farsi è: “cosa mi rende unico?”
Se avessi la possibilità di parlare con un consulente, quale consiglio gli chiederesti per far funzionare meglio la tua attività imprenditoriale?
Chiederei in quali campi le mie unicità possono essere utilizzate al meglio. Il consulente ha una visione più ampia di quella che hai tu, per cui sfrutterei la sua ampiezza di vedute per portare il mio differenziale.
Se tu facessi parte del nuovo Governo, quale sarebbe la tua ricetta per aiutare e tutelare oggi i giovani imprenditori italiani?
Partirei sicuramente da una diminuzione della tassazione del costo del lavoro. L’Italia ha un motore molto potente, ma ha bisogno di un piccolo motorino di avviamento che la faccia partire, che dia slancio alle imprese e porti nuove assunzioni, soprattutto di giovani. Se parte quel motore, poi si trascinerà dietro tutto il resto.