Vogliono farci credere che per continuare a fare impresa oggi bisogni chiudere e ricominciare in un astratto domani chiamandola startup. Ma io non mi arrendo. Spero ancora che chi di dovere riesca a scegliere le priorità giuste per il futuro di tutti, e magari ripartire dall’unione tra imprese, startup, università, Mise e Miur. Io ci credo.
Mi ha letteralmente scosso, qualche giorno fa, la lettura di un articolo pubblicato nella sezione economia di panorama, che indicava in 167 il numero di negozi che ogni giorno stanno gettando la spugna, chiudendo. Sono dati di confesercenti registrati tra il 1 gennaio ed il 28 febbraio. In più, in questo primo trimestre, chiuderanno circa 9500 pubblici esercizi tra bar, ristoranti e simili.
Negli stessi giorni mi sono imbattuto in quest’altro articolo del Sole 24 ore, dove analizzando i dati del Cerved, notiamo che anche le aziende con i conti in regola cominciano a pensare che la liquidazione volontaria sia il male minore in previsione di un futuro nero. Nel 2012 hanno chiuso ben 45000 aziende sane, timorose di ritrovarsi di lì a un futuro prossimo con l’acqua alla gola. E mai come in questo periodo prevenire è meglio che curare, soprattutto se il male è di quelli incurabili: Abbiamo avuto già troppi casi di suicidi di imprenditori in preda alla disperazione.
A corollario ci sono da contare le centinaia di migliaia di locali sfitti che generano una perdita annua di decine di miliardi di euro in canoni non percepiti.
Questi sono i dati che attestano l’estremo stato di emergenza che vive oggi l’impresa Italia ed il commercio italiano. L’eutanasia a cui il nostro governo (oggi astratto) sta condannando le nostre imprese, il nostro passato, il nostro presente ed i sogni del nostro futuro.
Negli stessi giorni si legge anche di 256 milioni di euro stanziati dal governo per rafforzare le reti telematiche e le infrastrutture digitali, ecc. ecc. Quando ho letto il bando (tutto e nel dettaglio), la prima domanda che mi son posto è se i titolari delle 167 attività commerciali + 105 pubblici esercizi + 123 aziende sane, che chiudono ogni giorno, riescano a percepire una benchè minima speranza che una misera parte di questi fondi possano essere di supporto alla loro attività. Credo proprio di no. I fondi sono destinati a quelle idee di impresa -anzi chiamiamole startup, che sarebbe per loro troppo dignitoso essere accostate alle vere imprese nate, sudate, morte o sopravvissute sul sudore degli imprenditori e dei loro dipendenti- che nasceranno già innovative, e che nulla hanno a che fare con il tessuto economico finanziario su cui si è basato per secoli e si basa ancora il nostro paese.
Il ministero dello sviluppo economico deve capire il momento del paese e delle imprese. Non è tempo per gareggiare con l’Europa a chi ce l’ha più lungo. Perchè proprio nell’ ICT ce l’abbiamo cortissimo, siamo quasi impotenti, e non per colpa dei professionisti che ci si dedicano, ma per l’immobilità in cui il nostro governo è solito adagiarsi mentre i suoi capi si riempiono la pancia. Ora bisogna aprire gli occhi ed avere il coraggio di ammettere che non è il momento di sperperare fondi europei per lo sviluppo di un settore in cui siamo arretrati. è il momento di concentrarci su ciò che c’è da salvare: il nostro made in italy, la nostra storia, i nostri prodotti tipici, i nostri artigiani. Dobbiamo salvare le aziende e le famiglie a cui danno da mangiare queste aziende (che sono i padri degli startupper che oggi parlano per bit e algoritmi).
La mia non vuole essere una preghiera contro le aziende digitali, ma una vera e cinica constatazione. Qua o si salva l’Italia o si muore.
Mi hanno insegnato che In caso di pericolo bisogna mettere in salvo prima le donne e i bambini, poi gli anziani. Siamo in quella fase del pericolo che definirei avanzata. Dietro già troppe attività, costrette a dichiarare fallimento, ci sono uomini morti suicidi. Bisogna scegliere le priorità ora, subito. Ed ora è prioritario che tutti ci si renda conto che le donne e i bambini da sfamare sono le mogli e i figli di questi imprenditori e commercianti costretti a chiudere baracca.
Vorrei chiedere al ministro perchè dobbiamo veder evaporare fondi europei per operazioni di digitalizzazione che, iniziate ora, ci vedranno comunque in ritardo rispetto alla media europea. Vorrei dirgli che ora dobbiamo concentrarci per salvare le nostre famiglie. Per salvare la colonna portante del nostro paese, l’impresa italia. Salviamola ed investiamoci. Digitalizziamole e r-innoviamole queste imprese qua. Saremo sempre i primi in Europa e nel Mondo nella produzione e commercializzazione dei beni della nostra terra. Penso ai successi della moda, ai prodotti agroalimentari, all’artigianato, alla metalmeccanica. E i nostri negozi costretti a chiudere nonostante queste immense potenzialità.
Pensando invece alle menti, al futuro dei giovani laureati che tanto tempo e passione investono nelle loro startup, mi chiedo se veramente sia giusto trattenerli questi cervelli in un paese che, comunque sia, oggi non è all’altezza di offrirgli neanche l’infrastruttura adatta; ragazzi che ancora ingenuamente vanno raccontando la loro idea di impresa su e giù per l’Italia, facendo le fortune dell’autista del bus o camper di turno che li vede passeggeri e poi oratori nell’evento di giornata. A questi ragazzi vorrei suggerire di aprire gli occhi, che è ancora come la lotteria: solo uno “vincerà” quei fondi di cui prima, o troverà un vero investitore. Qualcun altro avrà un piccolo premio di consolazione, e la maggior parte, invece, si ritroverà con un’idea in testa e le mani vuote. E se continua così, non avrà neanche più l’impresa di famiglia dove rifugiarsi.