Proprio ieri pensavo a cosa avrei potuto scrivere questa settimana per il blog. Se questo salotto fosse una di quelle startup non mi preoccuperei più di tanto, pregando invece nel miracolo del mio business angel salvatore, magari Baricco.
Sto un pò scazzato in questi giorni, e mi sono immaginato, come al solito, il mio tavolino al salotto, con i miei amici. Sarei stato in silenzio, ascoltando, molto probabilmente, i loro problemi sul lavoro. Senza alcuna voglia di parlare. Poi stamattina mi sveglio, e come capita ogni giorno, una delle prime cose che faccio davanti alla mia bella tazza di caffèlatte, è scorrere un pò i tweet di chi seguo. E…
…e il primo pensiero è che ci avete sfracassato le palle!
Non si fa altro che leggere di eventi dedicati alle startup, di ambasciatori delle startup che fanno i loro interventi in giro. Siete stati capaci di far redigere un apposito decreto che finanzi le startup, e per cui tanto di cappello, intendiamoci; ma vi chiedo: voi siete convinti che il futuro dell’Italia siano le imprese digitali? O meglio, siete convinti che, tralasciando le geniali menti che sentite di possedere, questo paese abbia le fondamenta per cui sia necessario ed essenziale farlo diventare una piccola silicon valley? Noi che guardando Crozza sorridiamo, quando con la sua satira ci ricorda che qui non c’è il wi-fi. No, dico, vabbè, siete sicuri?
Noi che nel mondo giriamo ancora a testa alta solo quando si parla di moda, sole pizza e mandolino? Noi che ieri abbiamo santificato l’imprenditore che per Natale spartirà cinque milioni di utili tra i suoi dipendenti? Guardate che l’impresa di Cucinelli produce lana pregiata, che è nata dalla tradizione, non è venuta fuori da nessun incubatore. Nessuna piattaforma digitale. E non entro nel merito degli incubatori, che è meglio.
Ora, in tanti diranno che esiste il tasto defollow, che potrei tranquillamente usarlo per non leggere i tweet di chi discute esclusivamente di startup. Infatti potrei, ma non lo faccio. Perché credo che tanti di coloro che scrivono di eventi, che organizzano questi eventi, che lucrano su questi eventi, possano e debbano, innanzitutto, educare i lettori e i partecipanti agli stessi eventi.
Qualche giorno fa mi è capitato di avere una discussione con uno dei rappresentanti della ISS (Italian startup scene).
Sono stato ammonito di essere fuori luogo in un gruppo dove l’argomento è la startup, mentre io parlavo di impresa. La mia riflessione era sull’importanza del termine startup, che anche nell’ accezione più comune in economia, o in un dizionario qualsiasi, corrisponde, appunto, alla fase iniziale di un’azienda. Ciò accadeva perchè nel gruppo ISS la parola startup significa innovazione.
È assolutamente deleterio e gravissimo che un rappresentante di quella che voi chiamate SCENA ITALIANA DELLE STARTUP vada sventolando in faccia a chi non è d’accordo con lui, che nel gruppo chiuso del quale va fiero, il termine startup significhi innovazione!
Da che mondo e mondo, con questo termine si indica la fase iniziale, l’avviamento di una impresa. L’economia italiana è ancora basata sui nostri prodotti tipici. Il motore dell’Italia è ancora costituito dalle piccole e medie imprese. E oggi, le imprese tutte hanno sicuramente bisogno di rinnovarsi e di innovarsi soprattutto dal punto di vista digitale, ma devono sapere che questo è un ampliamento, cioè un investimento nel digitale. Non hanno di certo bisogno di credere che la digitalizzazione debba essere frutto di una nuova startup esterna ad esse. È possibile digitalizzare anche un’azienda agricola. E sorprendetevi, è possibile anche pensare ad una startup agricola che possa diventare una vera impresa. E invece per voi no. A voi fa comodo far credere che la startup sia già un’impresa innovativa, e debba essere esclusivamente digitale, e che lo startupper sia il neoimprenditore. Perdonate se il periodo appare confuso, ma è frutto della confusione che state generando sull’argomento.
Invece di organizzare eventi sponsorizzati, o corsi a pagamento su come diventare startupper, fate impresa. Impiegate i vostri studenti nelle vostre aziende. Assumeteli, retribuiteli. Mi è capitato di leggere qualche giorno fa un altro titolone, Il mio primo anno da startupper.
Caro amico mio svegliati! Lo startupper non è un mestiere, ma solo un termine con cui i burattinai di questi eventi categorizzano i partecipanti. È come il follower o il fan, startupper non sembra più colui che comincia una impresa, ma colui che pende dalle labbra dei professori di startup, molti dei quali non ne hanno mai portata avanti una.
Ora, io qui con un caffè in mano e nel mio salotto, mi incazzo! perchè ho tanti progetti in mente su come dare luce alle microimprese e alle pmi che rischiano il fallimento, ma non vedo uno straccio di bando da dove attingere risorse. E le banche chiedono un tasso del 12%. E voi invece gongolate perchè arriveranno fondi per la vostra fuffa. Sapendo benissimo che siamo in un campo in cui, soprattutto in Italia, uno su mille ce la fa.
Voi forse non sapete neanche che le vostre camicie con le iniziali ricamate le avrete probabilmente ordinate sul sito vincitore del PWI2012 perchè allaccia la tradizione con l’innovazione. La sartoria con l’e-commerce. E allora svegliatevi tutti. Concentrate le vostre competenze in formazione e organizzazione di eventi che salvino queste pmi, che ridiano lustro alla nostra terra. Ai prodotti delle nostre terre. Non siete stanchi di parlarvi tra voi? Di compiacervi a vicenda? Di ritwittarvi i tweet? Di mangiare uno dal piatto dell’altro semplicemente cambiando gli ingredienti? E su, che non state innovando un cazzo. State solo spostando il denaro che arriva da un palazzo all’altro, anzi state facendo in modo di costruire i palazzoni dell’innovazione, dove vi ritroveremo tutti dentro ad abbuffarvi.
Fate gli onesti. Credete in voi stessi, che potete essere molto più di banalissimi PR e organizzatori di eventi.