La domanda a cui mi tocca rispondere più spesso è “Ma chi te la fa fare?” Credo sia più frequente di “Ma ti pagano?” (che segue a ruota, alla gente interessa sempre sapere se ti pagano) sicuramente più ricorrente di “Come fai a fare tutte queste cose?”
Credo di dover andare per ordine, evitando elenchi di lavori, passioni e hobby più o meno interessanti ai quali dedico tempo e fatica. Se decido di fare una cosa cerco di farla bene, il che non vuol dire di fretta o contemporaneamente ad altre. Sarà per questo che odio il termine multitasking, un vezzo di troppi manager il cui unico scopo professionale è inoltrare mail e cercare i colpevoli piuttosto che (ecco l’ho detto, prima e ultima volta, promesso) soluzioni.
Siamo nel Salotto del Caffè, e allora prendiamocelo con calma questo caffè, ritagliamoci 10 minuti per ragionare, che qui il mondo va troppo di fretta e le notifiche, come diciamo noi a Bari, sono assai. Mail, Facebook, Wathsapp, Twitter e chi più ne ha più ne aggiunga (in effetti si sentiva proprio la mancanza di un nuovo servizio di Chat su smartphone). Come se parlare, confrontarsi, scambiare due chiacchiere in modalità “off” fosse diventato un lusso. Noi che twittiamo pure mentre guardiamo un film o una partita.
Fatta questa premessa ritorno al punto di partenza: “Ma chi me l’ha fatto fare?”
Un paio di settimane fa mi chiama Luca Carbonelli (un altro inquieto come me) e mi dice “Senti Cristiano, ma che ne dici di prendere le redini della sezione Sport di Bloglive?”
Sport. Era una vita che sognavo di fare il caporedattore di un quotidiano di sport. Dall’altra parte una vocina, deve essere quella della mia coscienza, mi dice: declina Cristiano, ringrazia e rinuncia, che tempo non ce n’è. Accetto, dico a Luca. In fondo posso sempre tornare indietro.
Resisto un paio di giorni, subissato da 1000 nuove notifiche e da una redazione di scalmanati che mi costringe a entrare nel pannello di amministrazione del blog una volta ogni 10 minuti. O do le dimissioni al lavoro o rinuncio, penso. Giorno dopo giorno scopro che quei ragazzi sono uno spettacolo. Lavorano, scrivono, pubblicano, studiano. Non solo cercano di imparare dai giornalisti, ma leggono trattati di Seo, scaricano guide su come scrivere in wordpress, si correggono e si consigliano a vicenda.
Insomma, dovevo occuparmi di sport e finisce che miglioro le mie tecniche di Seo, di social media strategy, di content management. Chi lo doveva dire? Ho la possibilità di lavorare a stretto contatto con Alessandro Zarcone e Rosanna Perrone, direttore e coordinatore del giornale, scambiarmi con loro consigli su come ottimizzare gli editoriali che scrivo. Si spazia dal giornalismo a Google Plus, dall’autorship all’organizzazione. Oltre a gestire, imparo. I miei articoli fanno numeri che mai, con il mio blog, avevo raggiunto.
Penso che, come scrive Luca nell’articolo Restart di Bloglive, un’alternativa esiste davvero. Ai modelli editoriali fatti di pubblicità e improvvisazione. Di news in ritardo, di sepolcri imbiancati, di professionisti della parola inadatti (ahi loro) ai nuovi media. Si tratta di coinvolgere ragazzi capaci, gestirli, motivarli, dargli una possibilità. Se qualcuno mi avesse offerto, 10 anni fa, la possibilità di scrivere per un giornale e ottenere il patentino di pubblicista l’avrei fatto anche gratis.
Attenzione, non parlo di lavoro non retribuito, anzi. Parlo di assecondare le proprie passioni, accrescere il proprio network, farsi notare, cosa impossibile fino a qualche anno fa. I ragazzi che collaborano con Bloglive mi commuovono ogni giorno. Si aiutano, si dividono i compiti, sacrificano i loro sabati e le domeniche in cambio di un sogno: diventare giornalisti.
E io sono felice di potergli dare il mio contributo, di guidarli e spesso di farmi guidare. In questo modello di business il vero valore è l’apprendimento. Io insegno qualcosa a qualcuno e contemporaneamente imparo da qualcun altro. Credo che oggi la formazione sul campo sia importante almeno quanto il denaro (che, per carità nella vita ha la sua porca valenza). E per questo che sono felice di non aver mollato.
Mi chiamo Cristiano, seguo l’istinto e a volte realizzo i miei sogni. E adesso, finito il tempo di un caffè, torno a lavorare.