Dall’altra parte

L’altro giorno avevo voglia di fare un esperimento e ho iniziato a scrivere l’incipit di questo racconto  e subito dopo ho chiesto ai miei amici su FB di continuare  la storia in un’ottica di crowdwriting. Ho ricevuto subito tre contributi di Stefano, Daniele e Rosie che ho integrato…

Vediamo chi sarà il prossimo a continuare la storia? Fatelo commentando qui, sotto il post.

Sono stato troppo tempo dietro quel vetro, vedevo succedere le cose senza avere il coraggio di farne parte. Non avevo il coraggio di espormi, non avevo la forza di provarci.

Osservare cosa succede attorno a te, ti dà la sensazione di farne parte, non corri rischi e vivi di luce riflessa. Per molti anni questa vita era quello che volevo, era quello che desideravo, ma ora è cambiato tutto, ora che ci sei tu.

È successo tutto all’improvviso, erano le nove di mattina e stavo andando in ufficio quando ho incontrato per la prima volta lo sguardo di Bea alla fermata della Metro.

È stato un attimo che sembrava durare in eterno.

Avete presente quando il cervello fa clic? Beh è stato proprio così, da quel momento non riuscivo a smettere di pensare a Lei.

Non sapevo nulla, niente di niente, eppure era già tutto per me.

Follia? Forse si o forse solo una salvezza per uno che come me aveva vissuto la vita degli altri e non la propria.

Non avevo scelta stavolta se volevo Lei dovevo passare dall’altra parte, ed iniziare a vivere.

In questi momenti la mente viaggia con un’altra velocità, anticipa gli eventi, vola. E’ facile saltare il confine, guardarla negli occhi e senza parlare incamminarsi lontano da quel metrò , dal lavoro, dalla routine quotidiana.

Il corpo però rimane fermo, impacciato come un motore che stenta ad accendersi, insensibile alle sollecitazioni interne che spingono per quel primo passo, immobile per la paura, mentre da lontano le luci del metrò si avvicinano.

Decido di avvicinarmi, è molto bella e sarà certamente abituata ad essere corteggiata, così decido di fare in modo che sia Lei a parlarmi, mi gioco il tutto per tutto a lascio il mio Zaino con il PC vicino ai suoi piedi e decido di scendere dalla metro, sperando che il suo animo sia bello quanto il suo volto….

Bea, perchè così l’ho chiamata dall’inizio, e così nella mia mente la continuo a chiamare, anche se non è il suo vero nome, mi era rimasta in mente.

Al lavoro davanti al pc cercavo inutilmente le sue immagini su Google come fossero un tesoro da dover trovare, ma lei era solo lì, a farsi spazio tra le pieghe del mio cervello.

Antonio Savarese

Giornalista freelance, scrivo di nuove tecnologie, IT Governance, open source, Web 2.0 e digital divide. Sono responsabile, per la rivista Data Manager, della rubrica “CIO Evolution”. Sono anche segretario del Comitato Tecnico Scientifico di Technologybiz e responsabile della comunicazione di Informatici Senza Frontiere.

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