“Avete costruito le vostre vite
su quello che vi abbiamo dato”
K. Ishiguro , 2005.
Ho visto per la prima volta questo film un paio di anni fa, poi ho letto il romanzo da cui è stato tratto. L’ho recuperato settimana scorsa e, poco dopo, sono tornata a prendere il libro dallo scaffale su cui l’avevo lasciato.
Non lasciarmi è la storia d’amore che lega tre ragazzi, tre studenti – come li chiama l’autore forse nemmeno troppo metaforicamente – alle prese con il proprio terribile e ineluttabile destino. Come vi sareste sentiti, voi, se più o meno in prima media vi avessero detto che siete praticamente dei cloni umani, creati al solo scopo di fornire organi di ricambio agli uomini del primo mondo?
È vero, qualche anno prima era uscito The Island, che aveva più o meno lo stesso soggetto. Ma Non lasciarmi non è The Island. Non lasciarmi è parente stretto di Metropolis. E racconta di un mondo dove i “fratelli” non sono più sottoterra, ma in mezzo a noi, vicini a noi seppure lontanissimi.
E mi solletica l’idea che Mark Romanek, e Ishiguro prima di lui, abbiano voluto raccontarci anche un’altra storia, la nostra. Una metafora della nostra infanzia, quella di tutti noi, passata tra la scuola e la voglia di scoprire il mondo, e il passaggio all’età adulta, alla vita lavorativa non come realizzazione di sé, ma come annullamento di sé. Ma forse questo è solo perché ho avuto una settimana pesante.