Fatine di carta e bambini di Pixel

“Ah, i bambini di oggi!
Non si lasciano spaventare come una volta”
P. Docter, Monsters & Co., 2001

Nonostante la porta dei, ehm, trenta non sia poi così lontana, confesso di avere un debole per il film di animazione. Essendo una bambina degli anni Ottanta, sono particolarmente affezionata ai Classici Disney, nel senso più reazionario del termine. Mi sciolgo al pensiero di centinaia di disegni fatti a mano per ricreare la corsa dei topolini di Cenerentola, rido tutte le volte che mi capita di vedere le tre fatine della Bella Addormentata che cercano di farle una torta per il suo sedicesimo compleanno.

(Fosse per me i cinema avrebbero ancora le sedioline in legno, altro che poltrone da multisala, ma questa è un’altra storia.)

In tutto questo, però, non posso fare a mano di piazzare Monsters & Co. quasi in cima alla lista dei miei film d’animazione preferiti. Monsters & Co. è, insieme a Toy Story e ad A Bug’s Life, uno dei primissimi film dell’era Disney-Pixar. Ma forse è anche il primo ad aver fatto breccia nel cuore dei grandi. Perché se Sulley e Mike sono un po’ i Robin Hood e i Little John del nuovo millennio e colpisce la sagacia di certi dialoghi sopratutto se infilati in un film per bambini.

E poi c’è quella sequenza fantastica della caccia alle porte una scena che sembra “pensata da Borges e dipinta da Magritte” [Cit.] che, da sola, vi farà innamorare di tutto il film e… magari sì, magari vi farà anche pensare alla prima volta che siete andati al cinema.

Valentina Spotti

Nasce nel 1984 e vede per la prima volta una pagina web sul finire degli anni Novanta: ci rimane male perché si immaginava chissà cosa. Poi vennero i blog, i social network e YouTube, soprattutto YouTube, dove ha perso innumerevoli ore di sonno e studio saltando di video in video, ma che alla fine le ha regalato una bella idea per una tesi di laurea su reputazione e audiovisivi. Oggi è contributor per Tech Economy e lavora
come web editor per uno dei maggiori portali italiani di informazione
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