La musica di Francesco di Bella ha accompagnato la mia adolescenza. Napoli in sottofondo coi problemi e l’arte di arrangiarsi. Napoli e la spinta che ti dà un soffio del suo vento e un raggio del suo sole. Napule. No quella di sole, pizza e mandolino. No, quella di Napule se sceta, Napule che Te aggarba raccuntandote ‘a bucia, ca si nun ce vuò stà te ne può gghì.
Nel Salotto del Caffè abbiamo iniziato da un mese circa ad ospitare amici, ad intervistarli, facendoci raccontare il proprio lavoro, venendo travolti dalla loro passione. Abbiamo parlato fin ora di impresa, e di lavoro. Aspetto che abbiamo trattato nella sua forma d’arte anche con Francesco Di Bella, parlando di artigiano della musica.
Ho voluto iniziare con lui questi piccoli unplugged al Salotto del Caffè, perchè la prima chiacchierata in forma artistica, la prima voce a cantare in questo progetto volevo fosse di un amico. Abbiamo parlato del valore aggiunto che il made in italy, la canzone napoletana, regala anche a chi svolge un lavoro legato all’arte, alla musica. Dei vantaggi e degli svantaggi di Napoli. Dei palcoscenci musicali più popolari, e di questa nuova frontiera dei talent show. Una gran bella chiacchierata.
E tutto il discorso è ruotato sul suo ultimo lavoro: Ballads cafè, col quale si stacca dal suo gruppo storico dei 24 grana, e va ad incastrarsi con la magica chitarra di Alfonso Bruno. Per questo lavoro, prodotto da Daniele Sinigallia, Francesco ha deciso di “spogliare” alcune delle sue canzoni celebri e presentarle in forma acustica. Intima direi.
Ascoltando l’album si ha la percezione, a tratti, di esser presi per mano e portati a zonzo tra i vicoli di quella Napoli suggestiva e neorealista che i grandi hanno raccontato. A tratti invece sembra essere cullati giù marechiaro, tra quel soffio di vento e il sussurro del mare.
Qui potete vedere l’intervista integrale e i live acustici di “Kevlar”, “L’Alba” e “Napule se sceta”