L’errore di Fonzie

Chi se lo sarebbe mai aspettato? Sono nato nel 1975, l’anno di American Graffiti. Nella storia culturale degli ultimi cento anni, è frequente che si guardi ai venti anni precedenti con spirito di imitazione, di citazionismo, di ripetizione.

Negli anni settanta si guardava agli anni ’50 per rappresentare e ricordarsi di un mondo che ancora non era passato da Woodstock, dalle lotte studentesche e operaie, dalla Luna. Grease, American Graffiti e Happy Days ci mostravano l’america degli anni ’50. Quella della brillantina, degli italoamericani tamarri e dei juke boxe.

Quei film, che nascevano insieme a noi, quelli della mia etá se li sono portati dietro come un dogma. C’era sempre un lieto fine. Fonzie era un mito che conquistava le ragazze schioccando le dita e quel bravo ragazzo sfigatello con i capelli rossi chiamato Richie Cunningham, ce lo siamo ritrovato addirittura a vincere l’Oscar. Ci eravamo illusi, o ci avevano illuso, che la progressione sarebbe stata sempre con un segno positivo davanti. Ci avevano illuso che ci sarebbe stato, comunque un lieto fine. Chi se lo sarebbe mai aspettato?

Ce lo avevano promesso quei bugiardi del Piccolo Mugnaio Bianco, di Ralph
Supermaxieroe, dei Ringo Boys, de la Famiglia Cuore, di Mio Mini Pony, di Heidi, di Spank,
dell’A-Team.

Un’euforia che ci ha rovinato la vita. Che ci ha indeboliti e che ci sta facendo vivere questa crisi mentendo a noi stessi come Rocky, quando dice che “non fa male”, anche se ne sta “buscando come un noce” . Fa male eccome.

Ci stiamo svegliando bruscamente da un torpore che ci costringerá a prendere in mano le nostre vite e decidere cosa farne. Siamo troppo giovani per mollare e troppo vecchi per scappare dalle nostre responsabilitá. Siamo stati chiamati “fannulloni”, “bamboccioni”, “tuareg”, “generazione x”. Alla nostra etá i nostri nonni stavano progettando il futuro dei nostri genitori. Noi stiamo ancora palleggiando con il nostro. Gli anni ’70 guardavano agli anni ’50. Se adesso ci volgiamo a guardare agli inizi degli anni ’90, ci ritroviamo ad un periodo assimilabile a quello che stiamo vivendo: crollo di certezze, scandali economici, demolizione di una classe politica. Allora furono gettate le basi per crearne una addirittura peggiore, che ha prodotto scandali ancora piú gravi e che ha portato l’Italia in una seconda Repubblica che per certi versi ci ha fatto rimpiangere la prima.

E ora che facciamo? Seguiamo Fonzie che credeva che un cesso fosse il suo ufficio, o proviamo ad uscire da questa cloaca con la forza di nuove idee? Il mondo è fuori da quella tavola calda, le sfide non si vincono con uno schiocco di dita. Se ci illuderemo di essere Fonzie, la nostra generazione avrá fallito e dovrá soccombere, cadendo come i capelli rossi di Richie. Gli “happy days” sono il passato. Quando tra venti anni guarderanno noi, copiando la nostra moda, le nostre canzoni, facendo fiction che parlano di facebook e twitter, gli sceneggiatori di quelle fiction non ci faranno sconti. Sta a noi modificare oggi quelle sceneggiature e fare in modo che la nostra non venga descritta come l’ennesima “gioventú bruciata”.

Giampiero Cito

Giampiero Cito è amministratore e direttore creativo di Milc, agenzia di comunicazione pubblicitaria di Siena. Tra i suoi clienti ci sono il Gruppo Montepaschi, Estra Energia, Coop Centro Italia, Fondazione Sistema Toscana, Sixtus. È coautore del libro "Mad in Italy. Quindici consigli per fare business in Italia. Nonostante l'Italia." Ed. Rizzoli Etas. Insegna al Master in Comunicazione d'Impresa dell'Universitá di Siena.

Lascia un commento

Your email address will not be published.