L’intelligenza che non serve a nulla

“L’italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. è un paese dove regna il disordine, il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia per le strade si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue. è un’intelligenza che evidentemente non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. E tuttavia scalda il cuore e lo consola, seppure si tratta di un ingannevole e forse insensato conforto.”

Natalia Ginzburg

Stamattina, come mi capita spesso, forse perchè imperterrito continuo a credere che qualcosa possa davvero cambiare partendo dal confronto, ero su twitter cercando di capire una delle tante autocelebrazioni provenienti dalla solita sana, bella, entusiasmante, ingannevole intelligenza che pare non accorgersi dell’effettivo stato d’essere reale del nostro paese. Più mi confrontavo con alcune delle persone a capo del progetto in questione, più restavo male di tanta consapevole cecità.

Purtroppo arrivo a pensare che siamo diventati il paese in cui la politica e tutte le dinamiche che ruotano intorno a questa lucrino sui propri stessi insuccessi, ne approfittano come i giornali con quella che è una delle ciniche regole del giornalismo: Bad news is a good newsUna cattiva notizia è una buona notizia per la vita di un giornale. Si riempiono spazi con analisi, approfondimenti, e tutti questi spazi e approfondimenti chiamano in causa esperti che ne argomentano le discussioni a riguardo. Ecco, così da qualche anno sta accadendo in politica, con l’inserimento di consulenti e task force per provare a riparare i danni fatti dai consulenti e dalle task force passate.

Ecco allora che si parla, si analizzano le cause di tante operazioni fallimentari. Di tante iniziative interessanti ma sterili. Tutti hanno ragione, ma tutti hanno torto. Tutti colpevoli e tutti innocenti. Tutti hanno sbagliato, ma tutti ancora possono continuare a provarci. E allora occorre formare nuove task-force, nuovi consulenti, nuovi esperti a cui pagheremo (perchè li paghiamo noi tutti) le onerose parcelle, accorgendoci domani, non solo che non hanno risolto il problema passato, ma che le nuove iniziative fanno emergere volta per volta ulteriori problemi. L’abbiamo visto in passato, ne stiamo pagando le conseguenze nel presente, se ne prospettano purtroppo ricadute sul futuro. Pare un loop. E noi paghiamo e peggioriamo.

Basta. Voltiamo pagina. Via dalle poltrone gli artefici di tanti fallimenti. Occorre trasparenza sul passato per ripulirlo. Come si può pensare ad iniziative nuove quando quelle vecchie ce le portiamo dentro come un male che lentamente ci debilita?

Siamo il paese che volta la faccia dall’altra parte. Che quando si chiede di mostrare risultati concreti delle iniziative portate avanti, ci rispondono con i risultati degli altri paesi che prospetticamente, in un futuro remoto potranno essere anche i nostri. Si dimenticano però le variabili da considerare in funzione dell’economia e della politica di ogni territorio. Siamo il paese in cui i migliori progetti, quelli più trasparenti, alla fine di un ciclo ammettono in un report l’effettiva inconsistenza di fatto ma che però rinnovano i propositi sulla base di un condizionale orientato al futuro. Il paese dei “volevo, non ci sono riuscito, però vorrei”. Il paese dell’intelligenza che non serve a nulla.

L'intelligenza che non serve a nulla

Le stesse energie, la stessa intelligenza, le stesse capacità delle stesse persone operanti per quegli stessi sterili progetti potrebbero essere usate a beneficio delle istituzioni. Entrando nell’ottica che le istituzioni siamo noi, dobbiamo avere la capacità di metterci al comando di queste. Nessun golpe, nessuna guerra civile, ma semplicemente la capacità di cambiare l’interno dall’interno. Non basta il cambio generazionale se poi ci si accontenta solo del ruolo, del compitino. È come un’impresa che assume un manager incapace di cambiare strategia per l’onnipresente ombra dell’imprenditore vecchia guardia. Sarà comunque costretta al fallimento nonostante il tanto decantato passaggio generazionale.

Se nelle attuali istituzioni malate c’è qualche nuovo elemento giovane e capace, bisogna che non annuisca alle indicazioni dei vecchi soliti notabili della politica acconciati a cambiamento perchè hanno inserito nel loro vocabolo parole quali innovazione, startup, open data, wi-fi. Se nelle attuali associazioni di categoria, o private organizzazioni di professionisti, c’è qualcuno capace di professare all’interno dei palazzi la parola di chi fa parte di queste organizzazioni e associazioni, allora questa parola deve radicarsi all’interno delle istituzioni, e non viceversa. Il cambiamento va fatto ascoltando le masse. Talune volte se a parlare è un leader, la massa è pronta ad appoggiare le idee di cambiamento provenienti dal singolo.

Oggi, parlando di politica non si può non parlare di economia interna. Parlando di economia interna non ci si può esimere dall’analisi dello spreco dei fondi europei. Si tratta di spreco. Non entrando nel merito delle questioni startup ambigue, ecc. possiamo  dare per certo il fatto che si rischia il ritorno al mittente di centinaia di milioni di euro inutilizzati. Inutilizzati. E noi non possiamo permetterci di non usare i soldi a beneficio del nostro sistema economico. La crisi può essere lo stimolo al cambiamento solo se sappiamo sfruttare gli elementi in nostro possesso. Quindi non riempitevi la bocca di citazioni rischiando di ridicolizzarle. Ne vale il futuro di tutti.

Ci si rivolge quindi a quella intelligenza che finora è servita a poco e nulla. Credo sia arrivato il momento di voltare pagina. Fare chiarezza sul passato per ripulire il presente dalle scorie e sperare veramente in un cambiamento futuro. Tante pregevoli e lodevoli iniziative sterili hanno solo sfornato persone consapevoli di avere un’intelligenza che rischia di non valere a nulla. Occorre concretezza. Occorre un report fatto di statistiche basate sui fatti di casa nostra. Di occupazione creata. Di imprese salvate. Di startup lanciate. Le lezioni, soprattutto quando sono provenienti da personalità di indubbio valore, sono necessarie, ma devono essere fonte di ispirazione e di vero cambiamento. Nel senso di causa e effetto. Devono scuotere per lasciar esplodere. Altrimenti che se ne voglia o no prendere coscienza, stiamo solo offrendo quell’insensato conforto a quel nostro cuore destinato a spegnersi.

Luca Carbonelli

Imprenditore, esperto di Marketing ed ecommerce, con particolare preparazione nella gestione della piattaforma Amazon. Dal 2004 gestisce l'azienda di famiglia, la Torrefazione Carbonelli s.r.l. di cui è fautore della trasformazione digitale che le ha permesso di imporsi nel mercato online come punto di riferimento del made in italy nel settore food & beverage.
È consulente esterno in gestione aziendale, trasformazione digitale, marketing e comuniaczione; ecommerce, Amazon. Effettua corsi di formazione in management delle pmi, maketing, digital marketing, ecommerce, gestione della piattaforma Amazon. È autore di "Falla esplodere. Come una piccola impresa può affrontare la trasformazione digitale".

Impegnato nel sociale, è stato per 5 anni vice presidente del gruppo giovani della CNA (confederazione nazionale artigianato).

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