Saper negoziare con i nostri interlocutori è diventata una competenza cruciale in tutte quelle situazioni in cui è difficile raggiungere un accordo. Nella nostra società siamo abituati a risolvere i conflitti con una scelta aggressiva, e piuttosto che gestire una contrattazione efficace preferiamo utilizzare la coercizione.
Purtropp l’aggressività porta inevitabilmente ad una reazione della controparte che, sentendosi minacciata, inizia a sua volta ad infierire.
Ripenso all’esperienza di alcuni amici che hanno trascorso anni ed anni in attesa della sentenza di un tribunale. O a due brillanti professionisti che hanno lavorato insieme con successo e che poi, per un banale litigio, hanno sciolto la loro società e non si salutano nemmeno più. Quasi sempre sarebbe stato possibile risolvere la contesa con un accordo tra le parti. E invece quasi sempre ci lasciamo tentare dalla scelta più immediata, quella che innesca un’escalation che distrugge i rapporti e lascia dei costi – umani ed economici – di notevole rilievo.
La negoziazione cerca di raggiungere il miglior compromesso possibile tra le parti. E’ una tecnica logico-matematica che fonda le sue basi nella teoria dei giochi, ma è anche l’arte di trovare un accordo laddove nessuno vuole cedere qualcosa all’altro o è disposto a prendersi la responsabilità di una decisione. E’ un’arte come la danza, dove ad ogni passo del nostro partner bisogna rispondere con il movimento giusto per creare armonia. La negoziazione è come l’esercizio delle arti marziali, dove raggiunge il suo obiettivo chi mantiene la lucidità e il rispetto per l’avversario, senza usare la forza. Perché è chi usa la forza che cede all’avversario la sua energia e si fa mettere a tappeto.
Da sempre, la creazione di legami ha consentito all’essere umano di unire le forze con i propri simili e sopravvivere in un ambiente ostile. Per farlo, abbiamo rinunciato a una parte della nostra natura istintiva e ci siamo riuniti in tribù. Siamo diventati degli animali sociali ed è così che siamo riusciti a conservarci nei secoli e ad arrivare a un altissimo grado di civilizzazione. Siamo davvero sicuri che il nostro vero “nemico” sia il collega della scrivania a fianco o il fornitore che non può concederci un ulteriore sconto? Farci la guerra tra di noi è davvero più importante del sopravvivere tutti ad una situazione difficile?
Negoziare e giungere a un compromesso – oggi come agli inizi della civiltà – non è una scelta ma una necessità. Il risultato di un conflitto è quasi sempre una dispersione di energia che allontana entrambi i contraenti dai loro obiettivi originari: litigare per avere la meglio sull’altro è paradossalmente il metodo meno indicato per ottenere i propri scopi. L’evoluzione del mercato ha reso indispensabile perfino la cooperazione tra competitors, ma la strategia per arrivare ad un accordo è un terreno fertile solo se viene preparato con cura.
Il primo ostacolo alla negoziazione siamo noi stessi. Siamo abituati ad essere competitivi, a proiettare una situazione difficile in una persona che diventerà il nemico da piegare e da sconfiggere. E così, invece di concentrarci su una soluzione che possa modificare il contesto che ci circonda, utilizziamo le nostre forze per competere con l’altro. L’ostacolo più grande alla riuscita della negoziazione è innanzitutto la nostra reazione, quell’attivazione fisiologica che di fronte ad un ostacolo ci porta a combattere o fuggire. Anche reagire a una provocazione è un paradosso: quando rispondiamo a tono, “occhio per occhio e dente per dente”, inconsapevolmente facciamo proprio il gioco del nostro interlocutore. Un avversario abituato a gestire i rapporti in maniera aggressiva sa come muoversi nel suo terreno abituale: una volta che ci avrà portati nella sua modalità relazionale, quella che usa da sempre e che conosce alla perfezione, sarà facile per lui riuscire a piegarci o a costringerci alla ritirata. Il mio consiglio è di contare almeno fino a 10 prima di reagire. Nel frattempo cerchiamo di isolare la nostra mente per valutare la situazione in maniera obiettiva, come se fossimo uno spettatore disinteressato che osserva la nostra contrattazione. Non è facile, ma possiamo riuscirci.
Dietro la posizione del nostro interlocutore c’è sempre un interesse o un bisogno latente. Così come ci sono delle reazioni emotive o l’insoddisfazione nei confronti di una soluzione che non gli sembra particolarmente conveniente. Abbandonare il campo per trovare un nuovo partner più accondiscendente non è sempre la soluzione migliore: è una di quelle mosse da ponderare con attenzione, perché spesso è meno vantaggiosa del trovare un compromesso. I nostri interlocutori si muovono secondo dei loro interessi che possono essere perfettamente compatibili con i nostri bisogni. Scoprire cosa c’è dietro le posizioni dell’altra parte è il passo fondamentale per negoziare una soluzione creativa che venga incontro alle esigenze di entrambi.