“Posso scrivere KGB sulla torta?”
Jumpin’ Jack Flash, Penny Marshall, 1986.
Quando un film comincia a passare il sabato pomeriggio su Rete 4 può voler dire due cose: che a Rete 4 serve un tappabuchi, e che quel film è un cult. Per quanto mi riguarda, Jumpin’ Jack Flash è un piccolo cult.
Non è uno dei film più famosi della regista Penny Marshall, né della protagonista Whoopi Goldberg che un anno dopo il successo de Il colore viola si trasforma in una impiegata di banca molto geek che ci ha spiegato le gioie e i dolori del comunicare via chat con uno sconosciuto con un decennio di anticipo rispetto a Tom Hanks e Meg Ryan.
E ah, lo fa in piena Guerra Fredda quindi nelle chiacchierate a mezzo schermo tra Terry e il misterioso Jumpin’ Jack Flash non si parla di matite ben temperate o di Orgoglio e pregiudizio ma di intrighi internazionali. E Whoopi non è Meg Ryan:
In fin dei conti, Terry Doolittle è forse il personaggio che invidio di più della storia del cinema: vive a New York, in un appartamento minuscolo e disordinato con la locandina di Metropolis e Casablanca appese al muro, uno spazzolino da denti gigante e un lavoro apparentemente noioso che però riesce a catapultarla al centro di un pericoloso gioco di spie.
E la invidio perché solo Terry Doolittle poteva attraversare Manhattan dentro una cabina telefonica… e innamorarsi così.