Ci sono giorni che le mancanze si fanno più grandi. Che i ricordi ti fanno sorridere e non te ne accorgi, ti fanno star lì così, un po’ perso e non te ne accorgi. Con gli occhi lucidi, e non te ne accorgi.
Mamma e papà a Pasqua si dividevano i compiti. Mamma preparava i casatielli e le pastiere. Papà o’casatiell dolce.
Mi ricordo che da piccolo mi piaceva il casatiello senza le uova. Mamma lo chiamava o’turtaniell. Ogni anno a Pasqua, a casa mia, sul tavolo, stavano coperti dal plaid, ancora crudi, non meno di sei, sette casatielli. Ognuno di una misura. Ognuno per qualcuno. Tutti mariuoli, quelli con le uova. E poi o’turtaniell mio, senza.
Ci stavano le pastiere, pure queste mai meno di cinque o sei. Ruoti, ruotini e ruotoni. Mia Mamma e mia Zia facevano a gara. Ognuno mandava le sue opere (perché erano opere d’arte) all’altra, e come ci rimanevano male quando poi noi dicevamo qual era il più buono.
A me da piccolo la pastiera non piaceva. “Ho imparato a mangiarla” credo cincque o sei anni fa. Mi so perso buoni venticinque anni di pastiere di Mamma. Che darei mo’ solo per sentire quel profumo, per rivedere quelle scene.
Poi il casatiello dolce di Papà. Un panettone dolce, altissimo. Quando veniva bene era quasi venti centimetri. Con quella glassa bianca sopra, zuccherata, che mo non ricordo il nome, e tutti quei confettini colorati. E pure quelli a me non piacevano, allora Papà ne lasciava sempre uno piccolo senza glassa e confetti, ma con le gocce di cioccolato. Questo era buono per il latte, dicevamo sempre. Si inzuppava a colazione nel latte che era ‘na meraviglia.
Pasqua per me è il profumo di casa. Anche se non stai più a casa. Anche se non puoi vivere più dei momenti.