“Il dottore dice che potrò uscire di qui quando la testa sarà a posto.
Ok, allora ci vediamo tra dieci anni.”
R. Donaldson, Dante’s Peak, 1997
Non c’è estate senza Dante’s Peak. Ogni anno, quando le giornate si fanno lunghe e l’afa diventa insopportabile, il celeberrimo ciclo Alta Tensione prometteva di catapultarti per un paio d’ore per lottare contro tempeste, tornadi, asteroidi grandi quanto il Texas [cit.] e vulcani. Sopratutto vulcani.
Ora che Hollywood ha considerato giù di moda il filone catastrofico e Canale 5 ha zappato dal palinsesto il ciclo Alta Tensione pare proprio che ci resti solo l’Amarcord.
Esagerato, improbabile e pure un po’ “sbanfone”, Dante’s Peak è il film catastrofico per eccellenza dove lui è lo scienziato perspicace ma accusato di allarmismo (e ha la faccia di Pierce Brosnan), lei è sindaco, madre single e gestisce pure una caffetteria. Il cattivo è lui, il signor vulcano: grande, grosso e arrabbiatissimo, pronto a sbudellare un inferno di lava incandescente su una città che non si è mai filato nessuno ma che ora diventa il centro del mondo.
Tre le scene topiche: l’acqua del rubinetto che esce marrone “È lo zolfo!“, la nonna che si scioglie nel laghetto acido, e il fuoristrada (“Con la presa d’aria per il motore“) che passa su un ruscello di lava ma che oh, mica salta per aria. Al massimo gli si sciolgono un po’ i copertoni.
Oltre che a quel “Andrà tutto bene” ripetuto fino a suonare inquietante, che Mr. Scienziato pronuncia circa 9.000 volte in due ore di film.
E poi, sì, ci sono i colleghi di lavoro che, forse, hanno un tantino esagerato con la caffeina:
Niente Dante’s Peak questa estate. La cosa preoccupante è che mi è pure mancato un po’.