Arrivo all’incrocio e, mentre aspetto il momento di attraversare la strada, mi rendo conto che c’è una specie di sfida musicale. Di qua un gruppo blues-rock americanissimo, di là tre musicisti acustici cinesi. Sono a North Beach, il quartiere italiano di San Francisco e sto andando a prendere un caffé con Jack Kerouac, Ferlinghetti e gli altri poeti della Beat Generation. Prima tappa la City Lights Bookstore. Destinazione il Vesuvio Café.
L’architettura dei dintorni non ha niente di letterario. Le due palazzine sono basse, piccole e bruttine. Entro alla City Lights: sembra una normale libreria, se non fosse per le scritte, le citazioni, i cartelli che su tutte le pareti – ovunque guardi c’è qualcosa – ricordano il fatto che qui si riunivano i poeti della Beat Generation. Che non sono i freakkettoni degli anni ’70. Sono gli innovatori della società americana degli anni ’50. Salgo al primo piano ed entro nella sala dei reading. Parquet scuro, una piccola scrivania di legno antico vicino alla finestra, in fondo. Qui si parlava di letteratura, non libri.
Esco dalla libreria, entro nel caffè all’angolo e all’improvviso ho la sensazione di capire tutto. Il Vesuvio Cafè è tappezzato con le foto degli scrittori dell’epoca, e un Kerouac dall’espressione sardonica mi accoglie all’entrata. Mi siedo e parliamo di come siano lente ma costanti le trasformazioni della società, di come a volte sia necessario scrivere per arrivare a un’idea, e non il contrario. Parliamo di donne, ubriacature, corse in macchina e ovviamente di strada e di viaggio. Di come certe cose siano prima agite e poi capite. Mi racconta di come lui e i suoi amici si trovassero lì a chiacchierare di queste cose, di come la letteratura fosse in realtà un tool per fare un discorso sulla società. Gli racconto che è ancora così, che i ragazzi di San Francisco si trovano ancora nei bar a fare le stesse chiacchiere, solo che anziché con i libri si trovano con le app per iPhone davanti, che anche la tecnologia è un discorso sulla società.
Mi guarda con quel sorriso enigmatico, gli sorrido anch’io, poi una voce mi fa sobbalzare: “Vuole qualcosa da bere?”. Il barista mi guarda, è da un minuto che sono fermo davanti alle foto. ”Sì, grazie”, gli rispondo. ”Un caffé, per favore”.
Ho conosciuto Luca Carbonelli a Firenze, presentavamo nella stessa occasione le nostre due realtà. E’ un piacere ritrovarci tra eventi e nuovi progetti. Lui produce un prodotto artigianale made in italy, dove viene messa in risalto la qualità del buon caffè. E Blomming vuole valorizzare le specialità italiane, come appunto il Caffè Carbonelli, e gli altri prodotti che si trovano in questa collezione.