Quanto è cinematografico il caffè? Per caso, per amore o per necessità narrative, la tazza di caffè si è saputa conquistare il suo silenzioso quanto irrinunciabile spazio sul grande schermo.
Si aspetta qualcuno, si ama, ci si conosce, si litiga: e in mezzo a tutto questo, dalle menti degli sceneggiatori alle mani degli attori più o meno blasonati, passa molto spesso un semplice caffè.
Un caffè sorseggiato con calma, una tazza dimenticata su un tavolo o scagliata con forza contro una parete in impeto di rabbia, qualcosa dietro cui nascondersi o un modo come un altro per rompere il ghiaccio. È sempre lei: la bevanda più famosa della storia, conosciuta da tutti ma diversa per ognuno.
Orson Welles diceva:
“Nella vita ci sono tre cose veramente intollerabili: il caffè freddo, lo champagne tiepido e le donne sovraeccitate”
E se a qualcuno è scappato un sorriso, leggendo questa citazione, forse non sarà stato tanto per lo champagne o per le donne, ma perché a tutti sarà capitato almeno una volta nella vita di avere a che fare con un caffè veramente pessimo, che ti rovina la bocca, l’umore e la giornata.
E allora, forse, notiamo ogni tazza di caffè bevuta in un film perché, in qualche modo, ci accomuna a quei personaggi, a quelle storie e situazioni.
Un gesto così quotidiano che tutti abbiamo compiuto: non un inseguimento folle per le strade di New York o una grande storia d’amore che magari non vivremo mai, ma il semplice rito di bere un caffè e fingere di essere Audrey Hepburn davanti alla vetrina di Tiffany, o un cowboy al fianco di John Wayne.
E chissà loro, gli attori, gli sceneggiatori e i registi, chissà a cosa pensano mentre bevono un caffè appena fuori dal set.
Magari, potrebbero voler essere noi.