Formazione. La responsabilità dei contenuti negli eventi. Mi frullava in mente questo argomento da un po’. Ieri è stata una giornata che mi ha fatto molto riflettere sugli eventi formativi organizzati in questi anni. E che continuano a proporsi ciclicamente. Le riflessioni sono scaturite dai concetti condivisi da Emanuela Goldoni e Pier Luca Santoro, che potrete approfondire sfogliando la discussione qui sotto.
Scrivo questo post per allargare la discussione e riorganizzare le idee partendo dal mio punto di vista, che dai commenti nelle discussioni dei due amici si presenta forse frammentario e disordinato.
Una delle provocazioni era sul fatto del compenso o del mancato compenso percepito dai relatori degli eventi, o di alcuni eventi. Io non credo che il problema sia non pagare i relatori. alcuni eventi sono un arricchimento sia per i relatori che per il pubblico. Penso invece che tante volte si vedono relatori parlare ad una platea pagante talmente grande che, a parer mio, per l’apporto che danno, dovrebbero esser loro a pagare per l’attenzione gratuita che la platea deve inevitabilmente riversargli, e che per ignoranza, considerando il prezzo che la stessa platea paga, si crede inconsciamente che sia un’attenzione ben spesa e su cui investire. Gli organizzatori di eventi dovrebbero avere più rispetto per la platea che paga per assistere, invitando professionisti i cui contenuti vadano oltre la mera promozione dell’azienda che rappresentano. I professionisti dovrebbero avere più rispetto per se stessi e non accettare la chiamata a tutti gli eventi, alcuni dei quali li portano a condividere il palco con persone che sanno solo incastrare qualche termine sull’argomento oggetto del giorno, assimilati magari in qualche conversazione fatta grazie al networking generato da uno dei tanti aperitivi post evento a cui avranno assistito in passato.
Non pagando i relatori ci troviamo eventi stracolmi di speaker che non sono altro che referenti delle aziende sponsor degli stessi eventi. Tanti dei quali non sono altro che una sorta di agglomerato di informazioni che possiamo definire native advertising, in questo caso non sviluppato su piattaforme editoriali ma in aule interattive.
Una delle persone intervenute in una delle discussioni, sia in prima persona, sia perchè chiamata in causa in quanto partecipante al Web Marketing Festival 2016 è Daniele Chieffi (Head of Social Media management & Digital PR presso Eni). Io non lo considero soltanto come un referente di azienda. È uno dei massimi esperti nelle dinamiche di comunicazione aziendale. Un professionista che l’azienda in questione ha avuto la lungimiranza di ingaggiare negli ultimi tempi, portandosi molto più avanti rispetto ai suoi competitor su un media che già oggi abbraccia le generazioni contemporanee e che abbraccerà le future molto più degli altri media tradizionali. Daniele può parlare con dati alla mano in relazione a questa esperienza, ma se non parlasse di Eni avrebbe tanto contenuto utile da condividere comunque. Dietro le aziende vi sono gli uomini, e gli uomini fanno le aziende. Quindi i relatori è giusto anche che parlino dell’azienda perché portano esperienze applicate. Pensando però ora agli altri relatori che non sono i Daniele Chieffi e che riempiono il programma di tanti eventi, la domanda è: quando togli questi relatori dal contesto aziendale, hanno qualcosa da dire che non sia un’accozzaglia di informazioni generiche che hanno trovato in rete o in altri eventi? E anche quando parlano delle aziende che rappresentano, quanto contenuto è frutto della propria esperienza e quanto invece è da ritenersi come mera promozione aziendale comunicata strategicamente a scopo di attirare la platea?
Altro argomento di discussione è stato il confronto tra relatori che propongono solo teoria e i relatori che possono portare in un evento la pratica di case study, su questi ultimi può nascere il dubbio che le stesse strategie non possano essere applicate in contesti aziendali differenti da quelli propri. Dubbio condivisibile, che mi sento di definire come una certezza: ogni esperienza è a sè e varia da azienda a azienda, ed è giusto che ogni strategia vari da caso in caso ai fini dei migliori risultati soggettivi. Questo per quanto riguarda l’esposizione di casi di studio. Il valore però dei contenuti si percepisce dalla credibilità e dalla reputazione del relatore, che è anni luce lontana dal nulla dei contenuti proposti dai relatori che fanno parte del programma di un evento solo per promuovere un’azienda. Prima dell’avvento di Daniele Chieffi in Eni (senza nulla togliere al suo predecessore), io personalmente non mi sarei mai seduto ad ascoltare ciò che avrebbero avuto da dire della comunicazione di Eni in un evento. In primo luogo perché non la “vedevo”. In seconda istanza perché Eni non era friendly. Ora? Io vedo Eni parte attiva anche negli eventi che promuove. Attiva non solo per promuovere ma per diffondere news sull’evento stesso o per generare buzz sull’argomento. Ed è un piacere.
Gli uomini fanno le aziende. La preparazione degli uomini e le esperienze di quella preparazione applicata nelle aziende fanno i case study. Continuo a pensare che potremmo fare a meno del 90% degli eventi.