I feedback sono la pubblicità più performante per un prodotto. Senza dubbio sono la pubblicità che converte di più nel tempo e con costanza per chi fa dell’ecommerce un canale primario di mercato. La somma dei feedback – che si ritrovano online attraverso i motori di ricerca, i social network, i marketplace, o addirittura, come facciamo noi, attraverso le pagine dedicate delle piattaforme proprietarie delle stesse aziende – rilasciati dagli utenti che entrano in relazione con queste e con i loro prodotti, vanno a formare la reputazione di quel brand.
“Tutto bene”.
Nella semplicità del messaggio del feedback numero diecimila è racchiuso il risultato di tutto il nostro lavoro di questi anni. Si, abbiamo impostato tutto bene. E questo “tutto bene” non riguarda solo il livello della qualità del nostro prodotto. Riguarda il rapporto che abbiamo sviluppato con i nostri clienti, con i nostri followers. Con le persone che si sono avvicinate in questi anni alla nostra azienda, alle nostre iniziative e al nostro caffè.
“Lieto di lasciare il primo feedback positivo…”, così invece recitava il nostro primo feedback ricevuto. Solitamente gli utenti eBay non sono tanto attenti: ricevono il prodotto, lo provano, se rispetta le aspettative allora rilasciano il feedback positivo con un commento tante volte stringato. Se invece le aspettative non le avrà rispettate, ti rilascerà, senza scrupoli, un feedback negativo che potrebbe minare la costruzione delle basi di una reputazione del brand.
Lui no, lui era “lieto di lasciare il primo feedback positivo” perché gliel’avevamo chiesto esplicitamente. Perché abbiamo iniziato questo viaggio con la consapevolezza del peso e del valore che uno, cento, diecimila feedback avrebbero potuto avere per la crescita del nostro brand. Perché Caffè Carbonelli non ha scelto l’ecommerce esclusivamente per vendere. Caffè Carbonelli ha scelto di fare branding online. Instaurare rapporti, relazioni, e poi proporre il proprio prodotto. Allora quando decidemmo di approcciare ad eBay come prima piattaforma di commercio elettronico, lo facemmo con coscienza. Sin dalle prime vendite e finché il nostro account non consolidò la propria identità sulla piattaforma, contattammo i nostri acquirenti uno ad uno per spiegargli l’importanza che il loro feedback avrebbe avuto per noi, chiedendogli quindi di spendere un minuto per commentare l’esperienza dell’acquisto e il prodotto.
Vendere online vuol dire non avere orari. Avere un negozio aperto h24.
Arrivavano le notifiche oltre la mezzanotte, come capita tutt’ora, e allora come oggi le risposte dall’account Caffè Carbonelli arrivavano entro pochi minuti dalla ricezione della notifica. Quando si dice “abbiamo lavorato di notte” per arrivare a certi risultati. Ecco, noi l’abbiam fatto, e oggi che siamo giunti a quota diecimila commenti positivi siamo certi che dieci anni fa abbiamo intrapreso la strada giusta nel modo giusto.
Diecimila feedback positivi per un negozio monomarca, produttore diretto, per un prodotto che ha centinaia di account competitor plurimarche sulla stessa piattaforma, sono tanti tanti.
I marketplace non sono il “mercatino” dove svendere un prodotto. Come tanti professionisti del marketing spiegavano ai propri clienti quando in Italia si iniziava a vendere online. No. I marketplace sono i più grossi centri commerciali su cui esporli quei prodotti, creando una vetrina in cui far vedere cosa fa l’azienda, usando strumenti che mostrino come lo fa, in cui spiegare il perché vien fatto in un modo e non nell’altro, e anche in cui poter dire dove vien fatto. Nel nostro caso, in una terra, Napoli, in cui le piccole imprese hanno ancora oggi grossa difficoltà a lanciarsi in un mercato locale che tutt’ora soffre grossi problemi. Una vetrina attraverso cui raccontare la storia della propria impresa. Da dove nasce e perché. Come cresce e grazie a cosa. Il tutto sempre nell’ottica di offrire all’utente-cliente il massimo delle informazioni disponibili sull’azienda da cui si rifornirà, e sperando così di creare un rapporto di reciproco scambio atto ad acquisire le informazioni necessarie a conoscere i bisogni e le esigenze di quello stesso cliente.
Insomma tutto lavoro sviluppato per portare avanti il concetto del cliente al centro del progetto aziendale. Concetto, questo, che Amazon ritiene il punto di partenza di ogni potenziale vendita sulla sua piattaforma. “Il cliente è Dio”, si ripeteva negli uffici di Amazon Italia quando ricevevamo le linee guida per il servizio vendor.
Senza tener conto dati più concreti che ad oggi evidenziano che il 65% delle vendite online passa ancora per i marketplace.
In realtà, quello, non doveva essere il primo feedback ma il secondo. Si, perché in realtà il primo acquirente di Caffè Carbonelli su eBay fu Rocco, che ci definì “cortesi e disponibili” e che accettò il nostro invito a prenderlo in azienda, in nostra compagnia, il suo prossimo caffè.
È come se c’avesse portato fortuna, e per questo riceverà sempre un trattamento di favore. Perché tante volte le relazioni non sono solo pubbliche, ma sfociano in fantastici rapporti privati di reciproca stima. Perchè se è vero che le aziende propongono prodotti destinati a persone e cercano di farlo in modo da soddisfare tutti i loro bisogni, è anche vero però che, dietro le aziende, quelle stesse persone sono coloro che studiano e analizzano quegli stessi bisogni. Il mercato è un infinito mondo popolato da uomini che indossano ognuno molteplici vesti: il produttore, il consumatore, il distributore, il mediatore, il testimonial, tanti ruoli interscambiabili a seconda di contesti e di variabili quali il luogo e il tempo: sono variabili, queste, che incidono sul ruolo stesso della persona che in un momento e in un luogo può essere il consumatore di un prodotto, e che poi in un altro tempo e in un altro luogo può diventare testimonial dello stesso, successivamente distributore, e perché no, in un tempo più maturo potrà decidere di investire e produrre quello stesso prodotto. Ne ho visti tanti in questi anni che hanno intrapreso questo percorso appoggiandosi al nostro prodotto e ai nostri servizi. Alcuni con ottimi risultati.
Allora, partendo dal commento numero diecimila e ripercorrendo la nostra storia legata all’ecommerce, non posso far altro che ringraziare pubblicamente, come se stessi stringendo ad una ad una le diecimila mani che si sono prodigate a scrivere commenti emozionanti o semplici notifiche di apprezzamento.
Tanti professionisti, oggi, fanno credere e probabilmente credono che per creare la reputazione online di un brand possa bastare la parola di quello che grazie a qualche ospitata e a un pacchetto di followers al seguito viene definito un influencer, ossia una persona capace di influenzare le masse. Questa visione è sbagliata e fuorviante. Io non ho nulla contro le persone che vengono definiti o si autocelebrano influencer. Assolutamente nulla. È che non lo sono.
La parola di una persona/professionista, nonostante possa avere un gran numero di followers al seguito, non muove le masse. È l’opinione comune che muove le masse. Per creare un’opinione comune di un prodotto e di un brand non basterà mai un solo commento positivo studiato strategicamente e comunicato da un testimonial ingaggiato. Questo tipo di operazioni può muovere le masse tuttalpiù verso un evento; ma considerando invece che l’obiettivo di chi fa branding e di chi ha scelto l’ecommerce come canale di mercato non è creare una vendita spot del proprio prodotto, bensì acquisire una audience fidelizzata che possa legarsi alla marca e al prodotto a lungo e nel tempo, allora noi di Caffè Carbonelli non smetteremo mai di riconoscere come unici e veri influencer del mercato i nostri stessi clienti, e nessun altro.